Partecipando a un convegno su “Bellezza, territorio, ambiente” l’ingegner Benzoni ha preparato un intervento che prendendo spunto da varie fonti cerca di dare alcuni spunti per una visione nuova della pianificazione e progettazione territoriale che, partendo dal degrado e dal consumo di suolo, desse nuovi paradigmi di azione per una vera salvaguardia.
Purtroppo il danno, a cui ora si tenta di porre rimedio, è già stato fatto, ed è iniziato nel primo dopo-guerra. Una parte è dipeso dalla necessaria migrazione di tanti lavoratori dell’agricoltura verso altre attività capaci di garantire ancora un reddito costante, allora ritenuto certo, Una parte dal desiderio, e dalle possibilità economiche che lo consentivano, di vivere in una casa che non avesse il cesso nell’orto, o una turca ed un lavandino in uno sgabuzzino, da condividere alla fine di una ringhiera su cui affacciavano più famiglie stipate in due locali. Ma la responsabilità maggiori cadono sulla politica – a tutti i livelli – che non ha saputo (per ignoranza) o voluto (per calcolo) incanalare in una direzione accettabile, almeno per gli aggregati urbani, le semplici nozioni di urbanistica che da anni si insegnavano nelle università.
Lo “sperpero” del territorio, nella completa indifferenza per la tutela dell’ambiente e della bellezza, ne è una delle conseguenze più appariscenti. Contemporaneamente, sulla stessa area, ci sono esempi del sovrapporsi di funzioni incompatibili fra loro, sinonimo di degrado della qualità della vita. Al di là del tragico crollo, il ponte Morandi può illuminare in proposito.
Affrontare ora il problema non è compito facile; ancora meno facile individuare soluzioni condivise. Ma salvare il salvabile non è impossibile. Anzi, a livello planetario, la situazione dell’Italia, pur densamente popolata, per fortuna non è fra le peggiori esistenti.
Gen Guala
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