GIANFRANCO, PERCHÈ MI COSTRINGI A PENSARE?

Data:
14 Novembre 2025

Per soddisfare a una mia curiosità, dato che mi ha affidato il suo articolo “Gianfranco, perché mi costringi a ricordare?”, ho telefonato all’ing. Guala per sapere cosa l’avesse indotto a un titolo così inconsueto. L’ingegner Gianfranco Benzoni aveva aggiunto un commento, “Paesaggio, bellezza, economia”, al contributo pubblicato il mese scorso sul Sito Culturale: “Qualità architettonica. BENE COMUNE”. Mi ha risposto in modo indiretto:

“Anna, tu pensi che io sia un oriundo, ma ti sbagli. Sono nato a Bergamo, nel lontano 1935, in Via dei Celestini, di fronte alla chiesa dalla torre mozza. Ci sono stato per poco più di quattro anni. Di quel periodo ricordo solo ciò che mi ha raccontato mia madre. La nostra abitazione era la “casa dei venti”, perché non c’era verso di tenere fori dalle finestre di allora gli spifferi gelati che arrivavano col vento dell’integra campagna della Val Verde. Attorno c’erano campi, canali e canaletti, in cui temeva che io potessi annegare. E poi il tormento che l’assillava: il sabato pomeriggio, con me in carrozzina, raggiungere la strada di Borgo Santa Caterina, risalire da via San Tommaso, poi via Pignolo fino alla porta di Sant’Agostino per infilarsi in via Porta Dipinta, fin quasi in cima, perché mio padre si sentiva in obbligo di fare visita a una cugina di sua madre, a cui la nonna paterna era molto legata. Poi sono stato a Lodi, giusto il tempo di fare la prima elementare. Subito dopo in montagna, al richiamo alle armi di mio padre, nella casa della nonna materna. In cinque anni sono diventato un folletto dei boschi – la Romea e la Dolinda che credevano al malocchio permettevano solo a me di entrare nella loro stalla – in un paese di poco più di mille persone, che abitavano in una ventina di frazioni sparpagliate su un’area vasta come quella di Milano. Forse è là che è nato il mio amore per la natura. Più che amore, simbiosi. Dopo la guerra, e il ritorno di mio padre dalla prigionia, sono tornato a Lodi: prima con lui, più avanti con qualche ragazza, a cogliere non ti scordar e giunchiglie, nei viottoli fra i campi o nelle anse abbandonate dall’Adda. I mazzi di giunchiglie, che messe in un vaso con acqua tinta di rosa o di azzurro, da bianche che erano assumevano lo stesso colore. La bicicletta! Quante decine di migliaia di chilometri ho fatto pedalando? A tredici anni appena compiuti, con una “Taunus” nuova fiammante – senza cambio, naturalmente – in un weekend da Lodi a Gandino, andata e ritorno. Tanto per ricordare, anno1948.
Anna, nessuno ti ha mai raccontato di che splendore della natura, che incanto, erano la Val Seriana, o la Val Gandino? Nonostante qualche industria ci fosse insediata, ed esistesse il trenino che raggiungeva Clusone? Gli svizzeri scesi sulle orme di Napoleone, per educazione, e I nostri vecchi, che avevano sudato – o anche solo cacciato – su quei pendii, sapevano come rispettare la bellezza e l’ambiente. Contemporaneamente, diffonder il benessere economico e migliorare la qualità della vita.
Poi le cose, le abitudini, i rapporti interpersonali sono cambiati: chi potrebbe immaginare come erano, deturpate come sono?
Nel 1967, a trentadue anni, mi sono ritrasferito a Bergamo. Non puoi immaginare quanto cose sono cambiate da allora. Qualcuno, parlando della città, si ricorda di cos’era, ad esempio, l’area fra via Camozzi e via Angelo Mai, tanto per fare un esempio? In meglio direbbero tanti, potrebbe essere stato molto meglio, aggiungerebbero pochi. Ma gli interessi economici e l’insipienza hanno soffocato la loro voce, non rispettosa dei canoni allora imperanti.
E’ inutile piangere sul latte versato: a tutto si fa il callo, e troppi non se ne rendono neppur conto, soddisfatti della loro cucina “economica”, che poi tanto economica non è, del pranzo e soggiorno con i divani e la televisione, del bagno con acqua calda e fredda – magari anche uno per ogni camera da letto – e il riscaldamento centralizzato, e gli ascensori.
Ma, Anna, se hai mai visto una persona affacciata a una finestra o su una sdraio in balcone, un bambino dondolarsi su un’altalena o giocare a basket nel verde, dimmelo: mi rassegnerò al ruolo di sorpassato idealista.”

Buona lettura
A. Manzoni